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La stroncatura, che avrebbe demolito un toro, fu invece accettata più o meno di buon grado da Mennea che tornò a Barletta ad allenarsi sempre con maggior impegno continuando a dominare le gare giovanili singolarmente ed insieme ai compagni della staffetta 4x100 dell'AVIS: Pallammolla (si, proprio lui...), Acquafredda e Gambatesa. Il 1968 segnò una tappa fondamentale della carriera di Mennea allorquando, in mondovisione, assistette alla vittoria sui 200 m alle Olimpiadi di Città del Messico dell'americano Tommy Smith il quale diventò immediatamente il suo idolo e modello sportivo da imitare.
Verso la fine dello stesso anno finalmente Pietro venne ammesso a disputare uno stage al centro federale di Formia (Vittori si era finalmente convinto...) e fu lì che cominciò a conoscere i primi sacrifici imposti dall'attività agonistica poiché fu costretto a passare il capodanno del'69 lontano da casa ed anzi a presentarsi in pista alle 8 del mattino del 1° gennaio!
Proprio nel 1969 Mennea rischiò di partecipare, a soli 17 anni, ai campionati europei assoluti di Atene in quanto alle selezioni di Viareggio era stato il migliore; ma, evidentemente, i responsabili della nazionale non se la sentirono di "bruciare" quel ragazzino preferendo dirottarlo nella squadra "B" che doveva gareggiare in Svizzera: Pietro non se la prese più di tanto, anzi fu contento di visitare per la prima volta un paese straniero. L'anno seguente arrivò 5° agli Europei juniores e poi, nel'71 i primi grandi risultati: finalista dei 200 m ai campionati continentali assoluti di Helsinki e bronzo (la prima medaglia importante) nella staffetta 4x100.
Nel clan della nazionale "Pieretto", come simpaticamente era soprannominato dai compagni più esperti, venne subito accolto molto cordialmente grazie al suo carattere per nulla da primadonna: anzi lui era (ed è sempre stato) pacato, tranquillo, modestissimo, geloso della sua intimità, sereno e riflessivo. Nel frattempo era stato necessario il definitivo trasferimento a Formia (pur continuando a correre per i colori dell'Avis Barletta) sotto la guida del duro Vittori con il quale avrebbe trascorso lunghi anni insieme, per 350 giorni l'anno, condividendo fatica, difficoltà, gioie e delusioni. Un binomio che, di lì a poco, avrebbe fatto la storia dell'atletica italiana.
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